Stiamo assistendo tutti alla crisi generata dal coronavirus. La crisi economica che ha già colpito duramente a Marzo e che continuerà ad Aprile, sarà la nostra compagna per un bel periodo di tempo. Vivremo tutti gli effetti nefasti per chissà quanto tempo. Difficile prevedere quanto dureranno e quanto incideranno perchè molto dipenderà da come il sistema Stato risponderà, in termini di liquidità e incentivi, e da come reagirà il tessuto imprenditoriale. Non è difficile prevedere che tante piccole medie imprese e partite iva saranno destinate al fallimento. Alcuni studi circolati in questi giorni ipotizzano dal 30 al 60 la percentuale di chiusura (fonte: Confcommercio/Cgia Mestre). Nel solo mese di marzo si è registrato un calo dei consumi del 31,7% secondo Confcommercio. Il Fondo Monetario Internazionale stima una caduta del Pil mondiale del 3%. Avete una vaga idea di cosa vuol dire?
Il fattore liquidità diventa cruciale. E’ banale ma le aziende che non disporranno della liquidità necessaria, diretta o indiretta, non ce la faranno. In questi mesi la cassa farà la differenza. A meno che non facciate parte del settore alimentare, farmaceutico e servizi ad essi associati (grande distribuzione, farmacie, spedizionieri, ecc.), l’impatto della crisi sul fatturato sarà pesante e una liquidità già compromessa prima della crisi comporterà una serie di problemi a cascata su tutte le attività. Da questo punto di vista è necessario fare il possibile, posticipando i pagamenti possibili, razionalizzando costi, liberando investimenti, recuperando incentivi, linee di credito, usando gli ammortizzatori consentiti. E’ inutile girarci intorno. Alla fine della storia rimarranno due tipi di realtà. Le aziende che hanno continuato a fatturare, che dispongono di una buona liquidità e un brand forte (quindi un buon marketing) e le aziende che prima, nel bene e nel male, riuscivano a fatturare e coprire i costi e seppur provate dalla crisi potrebbero sopravvivere e rinascere. Tutte le altre aziende già compromesse prima della crisi, con brand deboli (senza marketing) e asset inesistenti hanno il destino segnato.
Al momento i settori più colpiti sono: Automotive, aerei e viaggi, turismo, assicurazioni e finanziario, oil & gas, moda, lusso (fonte: McKinsey)
Il periodo di inattività imposto per decreto può essere vantaggiosamente utilizzato per capire cosa accadrà nel secondo semestre dell’anno. Indubbiamente il virus porterà cambiamenti più o meno profondi che potranno impattare più o meno profondamente sul proprio business.
Come muterà il mercato? Come cambierà il comportamento dei consumatori? Il mio target? Cosa farà, è opportuno per la mia azienda continuare a servire quel target o posso immaginare anche altri segmenti, altri canali, altri business? Cosa vuol dire questo per la mia azienda? In termini di organizzazione, di innovazione, di processo, di prodotto. Cosa farà la concorrenza? Che sta facendo adesso? Proviamo a guardare i social e il web in chiave concorrenziale. Cominciamo a leggere tra le righe.
I dati. E’ il momento giusto per analizzare i dati che si hanno a disposizione. Oppure di cominciare a raccoglierli e organizzarli per analisi. I dati, letti e studiati in chiave marketing diranno molto di ciò che serve, aiuteranno a prevedere, permetteranno di gettare lo sguardo oltre questo difficile periodo.
Big data e Small data. Per big data si intende una grande quantità di dati, provenienti da fonti eterogenee, non strutturati, possono essere infatti non solo numeri ma anche immagini e video, generati velocemente. La correlazione tra grandi dati permette di capire trend, anticipare scenari, predire comportamenti futuri. Insomma una grande finestra attraverso la quale guardare il mondo esterno. Ma richiedono tecnologie e software potenti per analizzarli, contestualizzarli al business e ricavarne degli orientamenti. Per questi motivi in genere i big data sono appannaggio delle grandi imprese. Le piccole potrebbero invece orientarsi sugli small data. Questi rappresentano una quantità di dati più piccola e in grado di essere meglio gestita. Provengono da fonti interne, ad esempio un CRM aziendale è un’ottima fonte di small data e in quanto immediatamente disponibili possono fornire informazioni puntuali e dettagliate. Secondo Martin Lindstrom, consulente esperto di neuromarketing, anche la semplice osservazione del consumatore può fornire utili spunti atti a comprendere bene la realtà. I dati aiuteranno a pianificare. Mai come in questo periodo avete bisogno di pianificare.
Il brand. Un buon branding fatto in passato vi aiuterà in questo periodo e nei prossimi mesi a venire. Se non lo avete fatto ovviamente tutto sarà più complicato. Dovrete pianificare attività che vi portino benefici immediati, quindi azioni a breve che generino vendite e cassa ma bisogna prestare attenzione. Evitare tagli di prezzo sconsiderati, promozioni banali, focalizzare invece le energie su attività in linea con il vostro brand e con il target, con contenuti esclusivi, selettivi e l’attivazione di specifici comportamenti (stimolo-risposta) da parte del cliente. Ragionare in termini di marketing effimero (momentary marketing).
Usate questo periodo per testare il vostro social marketing. Interagite con le vostre community e analizzatene le reazioni. Usate un tono di comunicazione adeguato al periodo e sperimentate una serie di azioni alternative. Provate più messaggi, più format, più mezzi. Non è il caso di osare in questo momento, si tratta di trovare la chiave giusta per entrare nella testa del pubblico. Qualsiasi cosa pensiate le azioni devono incontrare i bisogni, gli umori, i gusti e l’intelligenza dei consumatori. Il pericolo di essere percepiti come inopportuni è concreto. Conseguentemente il rischio di fallimento di molte azioni commerciali è altissimo. Se il vostro brand è forte avrete a disposizione un buon numero di strumenti per rispondere alla crisi tra cui appunto l’accennato marketing effimero, in caso contrario bisognerà agire con tecniche di public relations e investire per rafforzare il marchio. Tutto ciò presupponendo che abbiate un budget disponibile.
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